L’olivo, o ulivo (Olea europaea L.,
Oleacea della tribù delle Oleinee), nodoso e argenteo, è un albero o
un arbustone sempreverde, alto dai 5 agli 8 metri (a volte sino a
15), con una circonferenza che può raggiungere i 6. I fiori, di
color bianco, odorosi, formano infiorescenze a grappolo che fanno la
loro apparizione verso aprile-maggio (mignolatura). I frutti, drupe
di forma ovale, dapprima si presentano verdi, poi di color
rosso-violacei e infine neri. La loro maturazione avviene tra
ottobre e dicembre e si utilizzano, a seconda della varietà, per la
spremitura dell’olio, oppure per il consumo a mensa.
L’olivo è considerato l’albero-tipo del clima mediterraneo al punto
che i limiti settentrionali e occidentali della coltura sono stati
scelti dai fitografi per definire la "regione mediterranea". Ma le
origini di quest’albero sono molto più remote. Tracce fossili
dell’olivo spontaneo, nella zona mediterranea, portano la data di
milioni di anni fa, prima cioè della comparsa dell’uomo.
È proprio un ramoscello d’olivo, portato nel becco di una colomba,
ad annunciare a Noè la fine del diluvio, mentre Adamo, ormai
prossimo alla morte, lo ricevette direttamente da Dio. Un Angelo
consegna al figlio Seth tre semi, nati dall’albero del Bene e del
Male: prima di seppellire il padre dovrà metterli tra le labbra. È
così che dalla sua tomba nascono tre arbusti: il cedro, il cipresso
e l’olivo. Ma la leggenda più nota tra quelle che riguardano questa
specie è la sfida tra Atena e Poseidone. Per decisione di Zeus, il
possesso della città di Atene e della regione dell’Attica, verrà
aggiudicato al Dio che fornirà il dono più utile. Alla fine, a
restare in gara sono, appunto, Atena e Poseidone. Quest’ultimo fa
sbucare dalla foresta un meraviglioso cavallo, mentre Atena fa
nascere dalle viscere della terra un nuovo albero: l’olivo. Zeus
giudica vincitrice la dea sua figlia, sostenendo che il cavallo è
per la guerra mentre l’olivo è per la pace. Ma le leggende non
finiscono qui. Tra le tante, ricordiamo quella che parla di Aristeo,
pastore e nomade, che fu il primo a ottenere l’olio spremendo le
olive; un’altra racconta di come Latana partorì i gemelli Diana e
Apollo sotto i primi rami di olivo, che da allora divenne oggetto di
venerazione. Infine, impossibile non menzionare i sacri olivi di
Olimpia, con i cui serti si incoronavano i vincitori delle
Olimpiadi.
In epoca storica la coltura, perfezionata dagli innesti, passa dal
Nord dell’attuale Siria all’Egitto e alle isole greche, soprattutto
Cipro, Rodi, Creta, per poi passare alla Grecia e all’Asia Minore.
Già il codice babilonese regolava il commercio dell’olio di oliva e
per secoli a tale attività veniva attribuita straordinaria
importanza. Gli Egizi lo consideravano un dono degli dei, gli Ebrei
lo adoperavano per "ungere" il loro Re, Fenici e Greci costruivano
apposite navi per il trasporto delle grandi anfore-contenitore. Pare
che in Italia la cultura dell’olivo sia stata introdotta dai Greci,
che la consideravano un dono della dea Atena. I Romani si
specializzarono nell’immagazzinamento e distribuzione dell’olio e
razionalizzarono la gestione delle grandi quantità ottenute dai
popoli sottomessi.
L’olivo veniva usato per cosmesi, medicina e illuminazione, ma il
suo posto d’onore era già in cucina, in ricette che si avvicinavano
molto a quelle della nostra attuale "dieta mediterranea". Lo
testimoniano i leggendari trattati di Apicus, uno dei primi
gastronomi della storia, che già nel primo secolo dopo Cristo rese
l’olio onnipresente nelle sue ricette per conservare, condire,
cuocere.
Dopo un lungo periodo di declino, dovuto alla caduta dell’impero
romano e alle invasioni barbariche, la coltura dell’olivo,
sopravvissuta nei monasteri, riacquista un posto preminente dal
Dodicesimo secolo, quando l’olio torna protagonista dei commerci,
contribuendo alla fortuna dei diversi Stati. La Puglia si trasforma
in un immenso oliveto e lancia l’economia delle terre meridionali.
Ai giorni nostri, sono soprattutto gli anni Cinquanta a segnare
l’espansione nel resto del mondo della "cultura" dell’olio, a
seguito della "scoperta" delle sue ineguagliabili qualità nutritive.
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